Secondo una ricerca USA la donna oggetto è colpa del bikini

Lo rivela uno studio condotto negli Usa da Susan Fiske, ricercatrice della Prince University di Princeton. C’era una volta la donna. Potrebbe cominciare così la storia ma il lieto fine, siete avvertiti, non sarebbe garantito

Lo rivela uno studio condotto negli Usa da Susan Fiske, ricercatrice della Prince University di Princeton.

C’era una volta la donna.
Potrebbe cominciare così la storia ma il lieto fine, siete avvertiti, non sarebbe garantito. La ragione non è da ricercare nella onnipresente costola adamitica – per la quale, s’intende, saremo sempre dovutamente grate – che come in un contratto d’affitto c’è stata concessa e poi negata. Noi ci siamo sempre com’è ovvio, è solo il nostro grado di affermazione in questo mondo che oggi dipende dal bikini. È la vita, bellezza! Direbbe uno. Ed Eva avrebbe seri problemi di comprensione, visti i costumi dell’epoca. La faccenda è che oggi, a suggello di infinte chiacchiere tra amiche, arriva una ricerca Usa che ci rivela una serie di verità che, va detto, noi sosteniamo dalla notte dei tempi. E che sono, nell’ordine: a) l’uomo considera la donna come un oggetto; b) se è così dipende da lei; c) di fronte alla vista di una donna sexy “non si riscontra nel cervello maschile alcuna attività celebrale” e d) tutto questo non vale al contrario.

Come se non bastasse, i verbi che saltano alla mente (sempre maschile) di fronte a un corpo desnudo sono “afferrare”, “maneggiare” e “possedere”, al pari di un gustoso panino durante la pausa pranzo. A sostenerlo non è (solo) chi scrive ma, niente meno, una ricerca condotta da Susan Friske, ricercatrice della Prince University di Princeton, e reso noto alla conferenza annuale dell’”American association for the advancement of sciences” di Chicago. A quanto pare, insomma, tutta quella noiosa faccenda delle lotte femministe e femminili su cui le donne si sono volute incaponire negli anni, guarda un po’, oggi hanno una corrispondenza scientifica, ed empiricamente dimostrata. Senza nulla togliere all’evidentemente scontato risultato della ricerca, ci teniamo a sottolineare quella frase tanto fastidiosa che però in questo caso ci sta tutta: non è per dire “noi l’avevamo detto”. Ma noi l’avevamo detto, comunque.

DONNE OGGETTO (ma per colpa loro) – Procediamo con la dovuta calma e senza facili entusiasmi: i risultati della ricerca sono messi nero su bianco, e per quanto ci riguarda siamo pronte a controfirmarli. La sentenza è, letteralmente: le immagini discinte e sexy di donne in atteggiamento provocante fanno considerare le stesse da parte degli uomini come “oggetti”. Alla stregua di un attrezzo da lavoro, la pin up che compare nella carrozzeria sotto casa, evoca nella mente maschile pensieri (o sarebbe più corretto dire verbi) che si riscontrano soltanto quando si ha a che fare con attrezzi da lavoro. O, se ci va meglio, con drogati, emarginati sociali e senzatetto. La dimostrazione è pratica: agli studenti del corso della Firske – cavie umane volontarie cui è stata effettuata una risonanza magnetica al cervello – sono state mostrate foto di donne discinte, e ne è emerso quanto segue: gli uomini messi di fronte a queste immagini “spengono” il cervello (ammesso che prima fosse acceso), nel quale si attiva solo una particolare area: la stessa, guarda caso, che i rappresentanti del cosiddetto sesso forte impiegano quando osservano un attrezzo per il bricolage o, per dire, un cacciavite per lo scaldabagno che è scoppiato, o una casa da acquistare. L’equazione secondo la ricerca va da sé: se la donna si denuda e provoca incoraggia l’uomo, anzi addirittura lo spinge verso un destino ineluttabile: considerarla una “cosa” da usare e, eventualmente, gettare. Tutto chiaro? Il costume che avete comprato ai saldi in vista delle spiagge estive, via. Fosse mai che poi vi considerino un oggetto. E uno. Andiamo avanti.

QUESTIONE DI MEMORIA – Un’altra delle incredibili rivelazioni dello studio riguarda la memoria storica: che è assolutamente incrollabile quando l’immagine ammirata dall’uomo raffigura la donna mezza nuda, altrettanto assente se la suddetta è così, per puro caso, vestita. L’altro concetto che ora occorre afferrare quindi è che fa bene quella collega scollata a scollarsi, perché di certo si ricorderanno di lei, a differenza vostra che d’inverno avete freddo e portate il collo alto. Il dolcevita acquistato sempre ai saldi per combattere il maltempo, via. Pure quello. Fosse mai che risultiate, nonostante gli sforzi, del tutto trasparenti. E due. Proseguiamo.
La Friske, scioccata da questa rivelazione, ci spiega che dopo aver monitorato le testoline delle sue cavie umane ha riscontrato che, durante l’osservazione delle foto, gli uomini “non mostrano in alcun modo attività celebrale nelle aree del cervello che generalmente rispondono quando si ha interazione con delle persone”. Cervello disattivato, per tutto quanto concerne empatia, capacità di comprensione, voglia di immedesimazione. Quel “mettersi nei panni dell’altro” che in questo caso, vista la mise, risulterebbe per loro parecchio scomodo (per loro. Per noi dev’essere una pasqua, s’intende). Le foto sexy, insomma, portano gli uomini a pensare alle donne come “a qualcosa di meno che esseri umani”, spiega ancora Friske, “ciò significa che questi uomini quando osservano donne in abiti o in atteggiamenti a sfondo sessuale subiscono cambiamenti nell’attività cerebrale, e possono modificare il modo con cui percepiscono la figura femminile, considerandola non più come una persona con cui relazionarsi, ma come un oggetto sul quale agire, con conseguenze che tutti possono vedere nella quotidianità sia in ambito lavorativo che in altre situazioni”. E insiste: “L’unica volta in cui abbiamo visto accadere tutto questo (lo spegnimento del cervello maschile. I ricercatori, noi invece un po’ più spesso) è quando le persone guardano immagini di barboni o drogati in cui non vogliono immedesimarsi”.

Il bikini responsabile della “Donna oggetto” su FondazioneItaliani

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