Gianna Meliani: Made in Italy è orgoglio, ma c’è futuro?

La stilista a favore del progetto di tracciabilità dei capi Beyoncé indossa i suoi stivali, Luisa Ranieri fa da madrina ai suoi sandali di raso e Swarovski, ma senza la tracciabilità di capi e accessori anche un’azienda come questa corre forti rischi: è l’allarme lanciato da Gianna Meliani, stilista che ha aderito al progetto di Itf – Italian Textile Fashion per la tracciabilità a garanzia del consumatore, progetto che prevede l’adozione di una etichetta che riporti il percorso seguito dal capo. Il progetto è stato presentato oggi a Firenze in occasione di Pitti Immagine Uomo: “Il mondo della calzatura è molto indietro – ha ammesso la Meliani, che lavora per l’azienda di famiglia a Santa Maria a Monte (Pisa) – la tracciabilità lì non esiste. Siamo orgogliosi di fare Made in Italy, ma ci chiediamo spesso se ne vale la pena

La stilista a favore del progetto di tracciabilità dei capi

Beyoncé indossa i suoi stivali, Luisa Ranieri fa da madrina ai suoi sandali di raso e Swarovski, ma senza la tracciabilità di capi e accessori anche un’azienda come questa corre forti rischi: è l’allarme lanciato da Gianna Meliani, stilista che ha aderito al progetto di Itf – Italian Textile Fashion per la tracciabilità a garanzia del consumatore, progetto che prevede l’adozione di una etichetta che riporti il percorso seguito dal capo.

Il progetto è stato presentato oggi a Firenze in occasione di Pitti Immagine Uomo: “Il mondo della calzatura è molto indietro – ha ammesso la Meliani, che lavora per l’azienda di famiglia a Santa Maria a Monte (Pisa) – la tracciabilità lì non esiste.

Siamo orgogliosi di fare Made in Italy, ma ci chiediamo spesso se ne vale la pena. Abbiamo dei problemi: abbiamo bisogno di grande manualità ed esperienza, e non c’è un ricambio generazionale, di conseguenza manca la manodopera qualificata.

In un’Italia dove ci si lamenta della disoccupazione, come mai aziende come la nostra non trovano dipendenti qualificati?”.

Una situazione difficile, rileva la stilista, che è dovuta ricorrere a manodopera ‘immigrata’ per le sue tomaie: “Fino a qualche anno fa non vedevo grande futuro per la nostra azienda – ha detto – ed ho rivisto questa possibilità grazie alla presenza di aggiunterie cinesi, che ci hanno permesso di continuare a far lavorare i nostri 100 dipendenti italiani.

La nostra è un’azienda familiare schiacciata dai grossi gruppi multinazionali: capisco che la globalizzazione abbia portato molte aziende a cercare produzione fuori dall’Italia, ma perché non deve essere dichiarata apertamente, quando è fatta altrove?”.

Secondo la Meliani quindi è necessario andare verso la tracciabilità, ed avere “più controlli, perché in Italia siamo troppo abituati a fare la legge e trovare l’inganno”.

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